Guarnacche, cioppe e pellande sono alcune delle numerose sopravvesti che gli uomini e le donne indossavano nel 1300: seppur soggette a modifiche nel corso del secolo e a seconda dell’area geografica, è certo che fossero tipologie di vesti importanti, abbondanti e avvolgenti. Come sottolinea Maria Giuseppina Muzzarelli, la sovrapposizione di abiti era uno dei segnali che esprimeva ricchezza e condizione sociale. Se la popolazione più povera si riparava dal freddo al massimo con un mantello sopra camicia e tunica, le classi più agiate usavano tutto l’anno fino a cinque strati di vesti e una foderatura di pelliccia, seta, panno o pelle impreziosiva spesso le loro sopravvesti.
Le sopravvesti femminili potevano inoltre essere decorate con manicottoli e lunghi strascichi. I manicottoli erano strisce di tessuto – foderate di pelliccia, velluto o seta – cucite o attaccate temporaneamente in prossimità dell’avambraccio che pendevano sino al suolo in alcuni casi (grazie all’applicazione di queste strisce, lo stesso abito si arricchiva in maniera diversa a seconda dell’occasione). È possibile osservarne un’immagine all’interno del ciclo di affreschi del 1379 dipinto da Tommaso da Modena a Treviso, conservato presso il Museo Civico: i manicottoli che Sant’Orsola indossa durante la scena del suo martirio riprendono la pelliccia che orna l’apertura della sopravveste. Per quanto riguarda gli strascichi, non vi era una lunghezza standard ma cambiava in base alla località e alle leggi suntuarie in vigore (la media stimata è di 30 cm, poteva essere assente o arrivare fino a circa un metro). Essi erano apprezzati per l’eleganza che conferivano al portamento, erano spesso colti nel mezzo con la mano e appoggiati sull’avambraccio, lasciando così intravedere la veste indossata al di sotto.
Una delle sopravvesti più diffuse era la guarnacca, capo sia maschile che femminile, indossata sopra alla gonnella e sotto al mantello. Era considerata una veste decorosa per via del volume, delle decorazioni e del tessuto spesso pregiato.
Il surcotto (dal francese “surcot”, cioè sopra la cotta) era una sopravveste sia maschile che femminile che poteva avere o meno le maniche. Particolarmente pregiata era la versione senza maniche, decorata da liste di seta e bordi di pelliccia. Utilizzato dai cavalieri, il surcotto maschile – realizzato con stoffe pregiate come sciamito e broccato – aveva una lunghezza fino a metà coscia, calzava aderente ed era imbottito sul petto.
Il tabarro era una sopravveste maschile semplice, simile a un mantello. Usato al di sotto di un mantello, era caratterizzato da ampie maniche a 3/4 e in Toscana era ornato con tre bottoni d’argento. Non era un abito elegante, veniva indossato senza decorazioni e in colori non vivaci da medici, mercanti, ecclesiastici e magistrati. Il lucco era una lunga sopravveste maschile, simile ad un mantello, comunemente senza maniche ma con aperture ai lati per consentire l’uscita delle braccia (tra il XV e il XVI secolo queste divennero lunghe fino all’orlo). Possedeva un’ulteriore apertura sul davanti ed era fermato con ganci e bottoni. Quando venne definita la sua forma standard nei secoli XV e XVI si aggiunsero anche delle pieghe rapprese sulle spalle. Era inoltre foderato di stoffa o di pelliccia. Il lucco era la sopravveste adoperata da magistrati e ufficiali pubblici, fu obbligatoria fino al XVIII secolo per presentarsi nei Consigli cittadini.
Altrettanto dignitosa era la toga, usata anch’essa da ufficiali pubblici e tutt’ora indossata dai magistrati e avvocati. Simile al lucco, poteva però avere le maniche ed era contraddistinto da un collettino rialzato. Al di sopra della toga l’alta aristocrazia portava l’epitogio, ampia sopravveste di lusso a volte rotonda come un mantello. La toga medievale derivava da quella del cittadino in epoca romana, tornò ad essere indossata per la prima volta nel XIV secolo a Venezia (nera per i medici e rossa per i senatori). La cipriana era una sopravveste femminile usata nel XIV secolo, era caratterizzata da una scollatura da spalla a spalla e a volte era abbottonata sul davanti. La cottardita era una sopravveste femminile realizzata per lo più con tessuti pregiati – quali seta, velluto e lana – e pelliccia, possedeva maniche lunghe abbottonate e calzava in maniera più aderente rispetto alle altre sopravvesti. Una rappresentazione di questo indumento si trova nella Chiesa di S. Nicolò a Treviso: Sant’Agnese, dipinta nel 1360-66 da Tommaso da Modena, indossa una ricca cottardita bipartita rossa e bianca con manicottoli al di sotto di un mantello.Guarnacca
Uomo
Larga e lunga, era chiusa davanti da bottoni e poteva avere o meno le maniche – quelle “a guarnazzone” erano molto ampie -, mentre i fianchi erano dotati di spacchi (finestrelle).
Donna
La guarnacca femminile era sia con maniche – più corte però rispetto alla veste indossata al di sotto – che senza, in quest’ultimo caso delle aperture laterali lasciavano vedere la gonnella sottostante più aderente. La sopravveste rosa di Santa Caterina nel Polittico di Prato, dipinto da Giovanni da Milano nel 1355-60, ne è un esempio. Come ricordano Sara Paci Piccolo e Francesca Baldassari, non esiste un modello definito: le possibilità economiche della famiglia e il gusto personale influenzavano la creazione di vari prodotti che vengono definiti con questo termine.
Surcotto
Cioppa
Uomo
La cioppa era una delle sopravvesti maggiormente diffuse nei diversi ceti sociali, si trattava dell’abito considerato più elegante del guardaroba maschile. Realizzata in tessuto prezioso (lana o seta), il quale creava pieghe a canne lungo il corpo, era portata in diverse lunghezze in base all’età: corta e accompagnata da una cintura in vita per i giovani, lunga per gli adulti. La versione corta con aperture laterali era adoperata anche per andare a cavallo (“cioppa equitandi”). Le maniche potevano essere di diverse tipologie (aperte ad ali, chiuse a sacco, molto ampie o lunghe sino ai fianchi), inoltre era presente una foderatura in pelliccia o seta e alcune decorazioni erano create con liste, frappe o frange. Al di sopra della cioppa era possibile indossare un ampio mantello.
Donna
Vedi pellanda.
Mantello
Uomo
Numerose sono le varianti di questa sopravveste, sia in termini di lunghezza che di forma. La lunghezza era legata alla condizione economica e sociale: i contadini lo portavano fino al ginocchio oppure fino a metà polpaccio, mercanti e cittadini fino al polpaccio o alle caviglie, infine le classi più agiate usavano mantelli fino alla caviglia in lana pregiata e foderata. Si allacciava solitamente nella parte anteriore con un semplice gancio oppure con dei bottoni (un tipo particolare di abbottonatura prevedeva una serie di bottoni fino al petto che poteva proseguire fino al termine della veste con coppie di bottoni distanziate regolarmente). Un tipo particolare di mantello è denominato “clamide”, usato da soldati e mercanti. Comodo per cavalcare e per avere più agio nei movimenti, era corto e si abbottonava alla spalla (solitamente la destra). Esistevano anche mantelli che arrivavano alla vita dotati di cappuccio, usati da bambini, contadini e giovani aristocratici. Questi ultimi optavano per tale capo quando volevano mostrare particolari tessuti, divisati o pregiati: usando solo cinque braccia di tessuto alto un braccio si creava una nuova veste completa di cappuccio. I contadini portavano sia mantelli – di pelliccia, cuoio, panno pesante, sia foderato che non – che mantelline corte con cappuccio che coprivano solo parzialmente il busto.
Donna
Analogamente a quelli maschili, i mantelli femminili erano di diverse lunghezze e diversi tessuti a seconda della posizione sociale. Le donne comuni ne indossavano uno di foggia semplice lungo fino ai piedi, mentre le mogli di cavalieri possedevano lunghi e preziosi mantelli in seta, foderati di pelliccia o seta e decorati con fili metallici. Quelli fino al ginocchio in lana o camelotto erano chiamati anche “cappa” ed erano indossati per andare a cavallo; come sottolineano Paci Piccolo e Baldassari in alcune località il mantello corto era prescritto alle prostitute. La legislazione vietava di usarli per coprire la testa, cioè per nascondere la propria identità.
Pellanda
Uomo
La pellanda era una sopravveste portata da tutte le classi sociali, per questo motivo i tessuti e le pellicce utilizzate potevano essere più o meno preziose. Nella prima metà del XIV secolo erano frequenti maniche attillate lunghe fino al gomito concluse come una virgola, ma esistevano anche maniche più larghe (quelle “come uno scudo catalano” avevano la forma di un triangolo avente la parte più ampia in alto). La pellanda era chiusa davanti da dei bottoni e si apriva a partire dal bacino, sempre nella parte anteriore era possibile osservare un motivo a pieghe chiamato “a canne d’organo” (o “incannucciata”) e, in prossimità del collo, la gorgiera o collaretta (collo strombato rigido, aiutava ad avere un portamento eretto ed elegante).
Donna
Se guarnacche e surcotti sono attestati con più frequenza durante la prima metà del XIV secolo, dalla seconda metà si osserva un uso maggiore di pellande (o palandre), cioppe o sacchi. Questi tre termini si riferiscono alla stessa sopravveste femminile invernale: “pellanda” deriva dal francese “hopeland”, “cioppa” e “sacco” sono versioni riscontrabili dalla Toscana in giù. Si trattava di una sopravveste elegante simile alla houppellande francese, realizzata con tessuti pregiati e foderata di pelliccia o seta, il collo a gorgiera e le pieghe anteriori la impreziosivano ulteriormente. Vista la sua ampiezza e lunghezza, era la sopravveste prediletta di chi voleva evitare vesti aderenti e corte per questione d’età o di dignità. Liste, frappe e frange la arricchivano insieme alle ampie maniche, a volte decorate con stratagli e affrappature. Si poteva indossare con la cintura per enfatizzare le pieghe sul davanti.
Tabarro
Lucco e Toga
Cipriana
Cottardita