








Dalle epoche più antiche ad oggi, l’abito ha sommato in sé una variante infinita di significati. Ogni civiltà, ogni cultura, ogni epoca storica ha elaborato modi estremamente raffinati per comunicare attraverso il corpo, e il vestire ne è uno dei più interessanti. Come sottolinea Sara Paci Piccolo, la nostra percezione della storia del costume è falsata sia dal fatto che tutti ci vestiamo ogni giorno, sia dall’apparente facilità del recupero di informazioni offerta oggi dal web. Da un lato tendiamo ad applicare la nostra idea del vestiario alle epoche passate, dall’altro ci illudiamo che sia facile reperire informazioni corrette sull’abbigliamento medievale in rete. In realtà ciascuna epoca storica ha dato all’abbigliamento importanza diversa, connessa alla mentalità del tempo oltre che al sistema economico e di scambi, alla morale, alla religione, ai procedimenti produttivi e ai simboli di status, alla percezione dell’individuo come a quella del gruppo. In realtà nella storia dell’abbigliamento lo spazio europeo ha visto, dall’antichità a oggi, numerosi cambiamenti. Uno dei più rilevanti è stato ad esempio tra la prima e la seconda metà del XIV secolo.
Guardando al vestiario, il mondo medievale appare molto lontano dal nostro. Anche nel passato chi aveva la disponibilità economica poteva sfoggiare la propria condizione anche attraverso le vesti, ma rispetto al medioevo oggi la durata dell’abito è estremamente breve, il vestiario appartiene all’effimero. Inoltre, oggi la capacità di riprodurre a basso costo anche gli oggetti più sofisticati rende estremamente difficile categorizzare i livelli sociali attraverso la moda e alcune vesti o oggetti di lusso attestano più la condizione economica che il ruolo. Tra il XIII e XIV secolo, invece, le differenze estetiche fra il ceto dei lavoratori (contadini e piccoli artigiani) e la classe agiata erano più marcate e vesti e ornamenti delineavano una precisa tassonomia all’interno di una società fortemente gerarchizzata. Le vesti non solo riparano dal freddo e dal caldo, ma veicolano anche messaggi politici ed economici, dimostrano appartenenze, indicano una condizione sociale e una scelta di vita.
Fra il XIII e XIV secolo gli indumenti femminili erano caratterizzati dall’aderenza e dall’effetto di verticalità ottenuta non solo grazie all’abito affusolato, ma anche alla lunghezza degli strascichi. Nel XIV secolo la novità principale risiede negli indumenti maschili, accompagnati da calze attillate e farsetti che mettevano in risalto la loro corporatura. Come oggi, anche nel medioevo vi era il concetto di stratificazione vestiaria. Come sopravveste, sia uomini che donne indossavano guarnacche, surcotti, cioppe, pellande; gli uomini indossavano anche toghe, tabarri e come ultimo strato mantelli, mentre le donne cipriane e cottardite. Sotto a questi capi, sia uomini che donne indossavano cotte, tuniche o gonnelle (nella versione maschile gonnelli, guarnelli in quella femminile); gli uomini indossavano anche giubbe o farsetti, mentre le donne sottane e gamurre, che quasi sempre avevano maniche staccate ed erano ornate da frange e da ricami, segno di eleganza. Sotto questo strato, venivano usate calze e camicia, un richiamo al nostro intimo, mentre le mutande facevano parte del guardaroba esclusivamente maschile. Come accessori venivano indossati diversi copricapi come cuffie, veli, cappucci e cappelli.