In passato i copricapi non avevano solo lo scopo funzionale di riparare dagli agenti atmosferici, essi servivano anche per nascondersi dagli sguardi altrui o per esibire la propria condizione sociale. Nel Medioevo, sia uomini che donne coprivano il proprio capo pubblicamente – con leggeri strati di tessuto (cuffie o veli) e con cappelli e cappucci – anche se solo per le donne era un obbligo. La prescrizione di non uscire di casa con la chioma visibile, che è possibile leggere nelle leggi suntuarie di fine Medioevo, ha le sue origini nella prima lettera di San Paolo ai Corinzi. Da essa deriva la pratica di coprire il capo in chiesa, abitudine che si è estesa negli altri luoghi pubblici nel tardo Medioevo. Secondo i moralisti, era indecente per una donna mostrarsi a capo scoperto: coprirsi era segno di umiltà, sottraeva da desideri sessuali; non farlo comunicava lascivia, ne erano esentate unicamente le bambine e le serve. Pur rispettando tali regole, le donne iniziarono a sperimentare acconciature e copricapi particolari che rispondevano anche a un’esigenza decorativa.
Cappuccio
Il cappuccio medievale era un copricapo che riparava la testa, sovrapposto al mantello nel caso in cui non ne facesse parte. Si presentava in diverse forme, tessuti e colori, in quanto ogni ceto sociale lo possedeva. Poteva essere composto da foggia e becchetto: la foggia era una fascia di panno che avvolgeva la testa e arrivava alle spalle, se necessario veniva rimboccata nel mazzocchio (cerchio di panno che fasciava la testa); il becchetto invece era una striscia di panno di lunghezza variabile (arrivava in alcuni casi fino alle caviglie) che era avvolta intorno al collo o lasciata cadere. Sulla fronte ci poteva essere un eventuale risvolto e per aggiustare la misura si usava il gherone.
Uomo
Dal XIII al XV secolo era indossato dagli uomini il cappuccio a gote, il quale copriva le guance e alcune volte anche le spalle. Con la sua progressiva scomparsa, si svilupparono nuove fogge con punte allungate, fregi e intagli. Dall’inizio del XIV secolo il cappuccio iniziò ad essere portato diversamente: l’apertura ora circondava la testa, la foggia veniva infilata da un lato andando a formare un rabbuffo, il tutto fermato dal becchetto (il quale cominciò ad allungarsi). Ciò trasformò con il tempo il cappuccio in berretta, mazzocchio rinascimentale, tocco e chaperon.
Donna
Dalla seconda metà del XIV secolo in Italia il cappuccio femminile cambiò forma: le sue dimensioni vennero ridotte e iniziò ad essere indossato come un cappello, rendendolo simile a una
berretta e ai copricapi richiesti alle prostitute dalla legislazione suntuaria in alcune città. Le fonti iconografiche del periodo mostrano come fossero soprattutto le giovani a indossare piccoli cappucci variamente decorati, talvolta con lunghi becchetti.
Cappelli
Cappello del viaggiatore
Il cappello del viaggiatore (cappello à bec in francese e bycocket in inglese), chiamato anche grecanica o cappello a punta, era il copricapo usato durante i viaggi, indossato sopra il velo per le donne e sopra il cappuccio per gli uomini. Era costituito da una forma con cupola e da una falda rialzata con punta anteriore.
Berretto o berretta
Con questo termine si designano varie fogge di cappelli. Dalla forma semisferica o a punta, poteva coprire solo una parte della testa o estendersi fin sotto le orecchie. Nel basso Medioevo era comune indossare sopra di esso un altro cappello, mentre nei secoli XIII e XIV si usavano berretti dall’orlo rovesciato e impellicciato per riparare dalle intemperie.
Acconciature femminili
Nonostante il divieto di uscire con il capo scoperto, le donne medievali ornavano le proprie teste con acconciature preziose e particolari. Terzolle, ghirlande, reti, cappelline, cuffiette ricamate, sciugatoi e nastri erano particolarmente apprezzati per come esaltavano la bellezza femminile. I capelli potevano essere intrecciati con diverse decorazioni e ricoperti da copricapi di vario genere. Dalle leggi suntuarie emanate negli ultimi secoli del Medioevo si sa che alle donne piaceva usare oro, perle e pietre preziose nelle proprie acconciature, sia all’interno di oggetti come cerchietti e corone che nelle bende. La terzolla ne è un esempio, si tratta di un’acconciatura composta da 300 perle. Un’altra ricca acconciatura era il coazzone, termine milanese che designava delle trecce ornate con gioielli e nastri colorati. Le ghirlande invece potevano essere realizzate con fiori, tessuto o metallo. Come sottolinea Maria Giuseppina Muzzarelli, questi tipi di copricapi erano sicuramente poco funzionali, ma dimostrano la volontà di resistere a un obbligo: le donne scelsero soluzioni decorative piuttosto che sobrie, interpretando la legge diversamente da come legislatori e predicatori l’avevano inizialmente concepita. Così nuovi modelli vennero creati nel corso del tempo. Tra i più curiosi vi è la “sella”, un’acconciatura formata da due corni in cui i capelli erano raccolti al di sotto da una rete, spesso gemmata, al di sopra era ricoperta da alcuni veli. Il “balzo”, invece, era diffuso in Italia tra XIV e XV secolo. Era costituito da un’intelaiatura di fili metallici o cuoio coperta da tessuti pregiati o da capelli intrecciati con stoffe e nastri colorati, ne risultava un copricapo rotondo, simile a un turbante, che veniva portato leggermente all’indietro. Soprattutto alla fine del Medioevo venivano utilizzate le piume tra le decorazioni – particolarmente apprezzate erano quelle di pavone – nonostante i moralisti le criticassero, insieme ad altre acconciature stravaganti, poiché si andava ad accorciare la distanza tra uomini e animali. Muzzarelli vede nella popolarità di queste curiose acconciature tra le nobildonne un esempio concreto del principio di Veblen: attraverso esse doveva essere evidente l’impossibilità di svolgere attività utili, si doveva mostrare cioè il prestigio e la ricchezza della famiglia. Tra i ceti popolari erano più comuni gli sciugatoi (o asciugatoi), cioè panni di lino rettangolari che potevano essere posati in testa, distesi o piegati, e lasciati scendere sulle spalle oppure arrotolati sul capo.